Ogni Paese ha il proprio patrimonio in grado di costruire la sua identità culturale che non va persa e per farlo è necessario tramandare alle generazioni future il passato, le tradizioni, le bellezze sparse per le città più grandi in grado di renderle uniche.
Tramandare la propria storia alle future generazioni è un atto necessario, un passaggio obbligatorio atto a farci sentire parte di qualcosa di più grande e per farlo non bisogna solo utilizzare le parole ma anche la visione di monumenti ed edifici che vanno preservati dal degrado e dall’oblio.
Per alcune città questo lavoro è semplice quanto complesso, una città come Roma, ad esempio, offre meraviglie in ogni suo angolo rendendo semplice la visione di elementi architettonici che tutto il mondo le invidia, ma allo stesso tempo risulta complicato riuscire a dare ad ogni cosa l’importanza che merita.
Un capolavoro da scoprire
Visitando la Capitale finiamo spesso per dare spazio ai suoi monumenti più famosi finendo per sottovalutare perle altrettanto meritevoli di essere ammirate.
Un esempio, in tal senso, è Palazzo Mileti Attolico che si trova nel Rione Parione, una zone che durante il quindicesimo secolo era caratterizzata dalla presenza della Via Papalis, percorsa dal pontefice che dal Vaticano si dirigeva in processione verso il Luterano in seguito alla consacrazione in San Pietro e per prendere possesso della Basilica di San Giovanni.
Durante questo periodo l’intera zona ed in particolare Palazzo Attolico furono ampiamente frequentati da personaggi legati alla Curia Pontificia per via soprattutto della posizione strategica in grado di creare un collegamento tra i due poli urbanistici: il Campidoglio e il Vaticano a loro volta simbolo del potere comunale e papale.
Un modo per evitare di trascurare alcuni elementi architettonici è quello di alloggiare in luoghi che ci permettono di averli vicino, palazzo Attolico, infatti, è visibile dalla finestra dell’Hotel Teatro Pace, un hotel boutique a Roma!
La storia del Palazzo
Il palazzo in questione fu commissionato, come ricordato anche dall’architrave posta sul portone d’ingresso, da monsignor Alessandro Mileti, abbreviatore pontificio e membro della Segnatura apostolica.
Dal punto di vista architettonico, la facciata segue lo schema tipico del tardo Rinascimento, riprendendo molti elementi stilistici dell’epoca. Essa è divisa in tre parti da fasce marcapiano ed è come incorniciata da bugne piatte, dalla funzione ornamentale.
L’opera, tuttavia, appare incompiuta nonostante ebbe altri due proprietari successivi: i marchesi Tiberi alla fine del sedicesimo secolo e il segretario del Comune di Roma nel diciassettesimo, Settimio Bischi.
Tale incompiutezza è da ricercare nella mancata unità tipologica tra la facciata e il cortile, presente anche sul lato rettilineo di questo in cui è presente una triplice arcata, assente sugli altri lati della corte.